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Renzi e la lotta di classe

Gianluca Graciolini
06/09/2015 - 10:10

"Non c’è altro di cui discutere". Così Renzi ha chiuso il Consiglio dei Ministri, con gli ultimi quattro decreti attuativi del Jobs Act tra cui un'ennesima, grande, porcata a danno di tutti i lavoratori: d’ora in poi saranno possibili i controlli a distanza dei dipendenti attraverso tablet, smartphone o altre dotazioni tecnologiche senza dover fare prima accordi sindacali o avere autorizzazioni ministeriali. Un ritorno ad un passato mortificante ed insieme una premessa di un futuro sempre più cupo dove sfruttamento e nuove schiavitù saranno la forma usuale e a questo punto legalizzata delle relazioni di lavoro. Io davvero non so, a questo punto, che diavolo avranno mai fatto a questo fortunato pargolo della borghesia democristiana toscana cresciuto a telequiz le lavoratrici ed i lavoratori italiani, ma è così chiaro che ogni politica del suo governo porti la puzza della lotta di classe, quella dei ricchi e dei padroni o per conto dei ricchi e dei padroni, contro i poveri, contro tutti coloro che per vivere devono lavorare sempre peggio e contro quelli che un lavoro non ce l'hanno. Già, la lotta di classe. In nome di tutti questi ultimi, l'antico ma mai scomparso mondo alla rovescia, il termine viene usato deliberatamente e molto serenamente da Jeremy Corbyn e da Bernie Sanders, l'uno nel primo e l'altro nel secondo dei grandi Paesi capitalistici per antonomasia, senza alcun timore reverenziale e senza alcuna paura di passare per veterocomunisti, mietendo ovunque consensi. E in Italia? Dobbiamo avere proprio noi paura di chiamare le cose con il loro nome? Non è forse giunto il tempo di rispondere con la lotta di classe alla guerra di classe dichiarataci da un piccolo parvenu di provincia giunto sugli scudi per manifesta assenza di ogni avversario?