Tu sei qui

In ricordo di Spartaco Piccinelli

di LEONARDO CAPONI
06/12/2018 - 21:13

Lo chiamavamo scherzosamente “Spartico” chiosando il dialetto tifernate e dell’Alta Umbria e il suo modo di presentarsi. A molti, oggi, il nome di Spartaco Piccinelli dirà poco. E’ stato l’alfiere e il portabandiera di Rifondazione comunista a S. Giustino (S. Giòstino, come la chiamano loro), negli anni della sua massima forza.

Spartaco viveva, col fratello e la moglie di costui in una palazzina alla periferia del paese. A partire dagli anni ’70, forse prima, tutta la zona a nord di Città di Castello è stata, per molti anni e in parte lo è ancora, una delle aree più dinamiche dell’Umbria, forte anche della vicinanza con la Toscana e l’Emilia. L’asse da Città di Castello a Selci Lama era il trionfo dell’industria meccanica, tipografica, del mobile, del tabacco; l’area più a est, S. Giustino appunto, era più versata per l’agricoltura e l’allevamento. Piccinelli era un coltivatore diretto, iscritto, militante e dirigente della sezione del Pci, di cui quelle terre erano una roccaforte inespugnabile. Spartaco rifiutò lo scioglimento del Pci, fu aderente della prima ora a Rifondazione comunista di cui divenne punto di riferimento nel suo paese e dirigente provinciale, membro del Comitato Politico Federale. Spartaco era un militante generoso e infaticabile. Lo muoveva una passione straordinaria. Non mancava mai a nessuna riunione alla quale era invitato e questo gli costava non poco sacrificio dal momento che, non avendo la patente, doveva sobbarcarsi lunghi viaggi in treno con la Centrale Umbra o nottate in albergo a Perugia pagate di tasca sua, quando le riunioni di prolungavano oltre l’orario, scarno, di ritorno dei treni.

A proposito di S. Giustino i lettori mi consentiranno un ricordo personale, in omaggio anche ai tempi nei quali Spartaco viveva la sua formazione politica. Nella serata di chiusura della campagna elettorale del ’68, se non sbaglio (avevo diciannove anni), partii, nelle vesti di autista come ero solito fare, per accompagnare mio padre a tenere i comizi di “chiusura”. Ne aveva programmati tre. Il primo alle 18 a Pietralunga, un altro alle 20,30 in località che non ricordo e il terzo a Castello alle 22. Alle 11, finito il comizio, giunsero da S. Giustino i compagni che (mancava un’ora alla scadenza della propaganda elettorale, fissata per mezzanotte), gli chiesero di andare e lo vollero portare a S. Giustino. La voce reggeva a mio padre acconsentì volentieri. I tempi però erano ristretti. Salì sul palco a S. Giustino alle undici e mezzo. La scena finale fu esilarante. Alle spalle del palco, sul Palazzo municipale campeggiava un grande orologio che mio padre si voltava ogni tanto a guardare. L’orologio dei carabinieri era però più avanti di quello del Comune. Un po’ prima della mezzanotte indicata dall’orologio, le forze dell’ordine cominciarono a smaniare per far scendere dal palco l’oratore (giunsero perfino a toccargli le caviglie, ma mio padre (avvalendosi con una certa strafottenza dell’immunità parlamentare) scalciò per non scendere, apostrofò i carabinieri indicando l’orologio del Comune che era ancora indietro sulla mezzanotte e fini bellamente, tra la soddisfazione della platea, il suo comizio in coincidenza con l’ultimo rintocco.

Di Spartaco ricordo un altro siparietto con Dario Bianconi, nostro portabandiera a Città di Castello che, avendo organizzato un convegno del Prc nella sua città, aveva avuto assicurazioni da Piccinelli sul fatto che “da S. Giostino, di gente ne verrà di molta”. Con Dario ci abbiamo riso una vita su questa battuta. Spartaco appariva solare, aperto, equilibrato. Io non l’ho mai visto arrabbiato o litigare con qualcuno (e si che di lotte dentro Rifondazione ce ne sono state). Con Piccinelli e tanti altri, abbiamo vissuto una stagione meravigliosa, fatta di passione, grandi valori e ideali, impegno duro e disinteressato, una stagione che di per se vale una vita. Abbiamo perso? Per ora, si. Ma quella stagione riprenderà.