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Le riforme per il popolo di allora e le riforme contro il popolo di oggi

di Gianluca Graciolini
25/08/2015 - 11:06

Il prossimo 29 agosto è una data che merita di essere adeguatamente commemorata ed il suo significato dovrebbe muovere a nuove iniziative di progresso tutti coloro che abbiano ancora a cuore la riforma sociale del nostro Paese, la sua riforma intellettuale e morale, come l'amava chiamare Antonio Gramsci, nel segno e nello spirito della Costituzione più bella del mondo.
Sono poche a mio avviso le grandi riforme che la storia repubblicana può realmente annoverare tra le sue pagine; non tante e mai quante, dello stesso spessore e della stessa qualità che altri paesi dalla più forte tradizione welfaristica possono vantare; tutte comunque acquisite con grande fatica e conquistate a prezzo di dure lotte sociali e passaggi istituzionali cruenti.
Gli anni 70, figli di quella grande stagione di lotta, di conquista e di modernizzazione dei diritti sociali e civili del decennio precedente, furono, da questo punto di vista, i portatori di un cambiamento profondo, per quanto variamente osteggiato e mai del tutto compiuto. 
Quegli anni si aprirono con lo Statuto dei lavoratori (oggi abolito di fatto da Renzi). In quegli anni maturarono i decreti delegati della scuola con cui questa fu finalmente riorganizzata e democratizzata (conquiste anche quelle oggi azzerate da Renzi). Vi fu il successo nel referendum sul divorzio e la stagione riformatrice ebbe il suo culmine nel 1978 col Dpr 833 con il quale venne istituito il servizio sanitario nazionale e con la legge 194 sull'aborto che assegnava alle donne la libertà di scelta.
Tra queste riforme ve n'era poi un'altra, forse la più mirabile e la più rivoluzionaria di tutte, facendo scuola, da un punto di vista scientifico, etico e politico, in tutto il mondo civile e moderno.
Parlo della Legge 180, sempre del '78, con la quale si superava la logica manicomiale della costrizione nel regime di assistenza sanitaria psichiatrica, istituiva i servizi territoriali per la salute mentale ed affrontava la malattia con criteri scientifici, sociali e terapeutici radicalmente innovatori.
L'ispiratore di quella legge fu Franco Basaglia, che ebbe solo due anni per vedersela all'opera e morì nel 1980, proprio il 29 agosto di 35 anni fa. 
Voglio ricordare Feanco Basaglia non solo per il suo grande contributo alla civilizzazione del nostro paese, ma perchè da uno dei più brillanti protagonisti di quella bella stagione riformatrice possiamo riprendere lo spirito di progresso, giustizia, profondità culturale e solidarietà, trarne lezione e motivo di nuova tenacia, proprio oggi che molte di quelle conquiste vengono calpestate, umiliate e vilipese. Perchè va restituito al termine riforma il suo autentico significato storico, politico e culturale. Perchè le riforme vere sono quelle per il popolo, non quelle contro il popolo, come oggi.
La legge 180, quando traeva la sua fonte di ispirazione dal grande dibattito sulle radici e la ratio della follia dei decenni precedenti attingendo da Merleau Ponty, Sartre, Minkowsky, Jaspers, Foucault ecc. e quando scorgeva nella sua origine e nel suo trattamento precedente una delle tante modalità di repressione sociale, si faceva promotrice di liberazione umana ed era una riforma per il popolo.
Viva Franco Basaglia, viva l'Italia migliore.