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Immigrazione, subito un presidio della nostra Marina

Luigi Manconi
12/02/2015 - 17:37

La conta maca­bra va avanti ine­so­ra­bile, ora dopo ora. Come in una tra­ge­dia clas­sica, come in un canto popo­lare dei primi del Nove­cento («di tanta gente la misera fin/ padri e madri brac­ciava i suoi figli/ che si spa­ri­vano tra le onde del mar») o, ancor prima, come in un fosco dramma nibe­lun­gico (dove le onde dav­vero sem­brano rag­giun­gere il cielo).

Ma siamo nel feb­braio del 2015 e veniamo a sapere di cen­ti­naia di corpi rag­ge­lati, i nervi irri­gi­diti, i vasi com­pressi fino a spez­zare il respiro e a fer­mare il cuore.

Un anno e mezzo fa, il 3 otto­bre 2013, davanti a Lam­pe­dusa 366 morti; oggi oltre 300. E non ci si poteva aspet­tare niente di diverso. Sape­vamo di essere in una sorta di tre­gua, det­tata dalle con­di­zioni meteo­ro­lo­gi­che, e che l’arrivo della pri­ma­vera avrebbe por­tato altri nau­fragi. Siamo stati otti­mi­sti e non c’è stato con­cesso tempo a suf­fi­cienza per pre­pa­raci ai nuovi lutti.

I quat­tro gom­moni cari­chi di pro­fu­ghi, par­titi dalle coste libi­che, sono finiti da subito in balia delle onde; e i rac­conti dei soprav­vis­suti ci hanno resti­tuito imma­gini di orrore.

Molte le ragioni di que­sta eca­tombe, ma una balza agli occhi per­ché a lungo discussa, fatta oggetto di con­tro­ver­sie e con­flitti, sgua­ia­ta­mente recla­mata con argo­menti inde­centi e infine otte­nuta. E, infatti, come non vedere il nesso tra la con­clu­sione della mis­sione ” Mare Nostrum” e que­sta enne­sima strage?

É vero che “i morti ci sono stati anche durante Mare Nostrum” (Ange­lino Alfano), e che sono stati pro­ba­bil­mente molti più dei tre­mila sti­mati. Ma il pro­blema non è la con­ta­bi­lità di una strage inin­ter­rotta e dif­fi­cile da disin­ne­scare in tempi brevi: è, piut­to­sto, quello di un soc­corso che poteva esserci e non c’è stato, di una pro­te­zione fatta man­care, di una linea di tutela della vita umana che ino­pi­na­ta­mente — e da un giorno all’altro — si è sfal­data. O meglio: è stata sem­pli­ce­mente cancellata.

La deci­sione del governo ita­liano di chiu­dere Mare Nostrum è stata deter­mi­nata in primo luogo da con­si­de­ra­zioni di natura eco­no­mica agi­tate par­ti­co­lar­mente da Lega nord e Forza Ita­lia. Si è detto e ridetto che quella mis­sione costava troppo. Ma non mi ras­se­gno ad accet­tare che la prima ed essen­ziale replica a una simile con­te­sta­zione — qual è il prezzo di una vita umana sal­vata? — sia squa­li­fi­cata come eser­ci­zio reto­rico o espres­sione demagogica.

Si tratta, piut­to­sto, di qual­cosa che attiene al livello di civiltà che vor­remmo con­no­tasse il nostro Paese, e alla qua­lità della sua vita demo­cra­tica. Il valore attri­buito alla vita umana rivela qual è l’idea di Stato che col­ti­viamo e la natura del nostro sistema di cit­ta­di­nanza e il signi­fi­cato di cate­go­rie come quella di legame sociale e quella di iden­tità col­let­tiva. É uma­ni­ta­ri­smo, sì, ma come fon­da­mento essen­ziale del patto costi­tu­tivo di una demo­cra­zia matura. Se, poi, guar­diamo ai nudi dati, sco­pri­remo age­vol­mente tutta la mise­ria di quella torva uto­pia regres­siva che pre­tende di bloc­care i movi­menti di milioni di esseri umani inviando can­no­niere, sten­dendo fili spi­nati e alzando muri.

Le migra­zioni sono la con­se­guenza di pro­cessi sto­rici ed eco­no­mici anti­chi e di vaste dina­mi­che pla­ne­ta­rie. D’altra parte è pale­se­mente falso che Mare Nostrum abbia fun­zio­nato come fat­tore di attra­zione, capace di incen­ti­vare l’immigrazione irre­go­lare. Basti con­si­de­rare che, nel gen­naio del 2014, con Mare Nostrum a pieno regime, gli sbar­cati erano stati 3.300, men­tre nel gen­naio del 2015, quando ormai da tempo era con­clusa, sono stati 3.709. Non solo: Mare Nostrum con­sen­tiva che si rea­liz­zasse uno scree­ning igienico-sanitario, che si vigi­lasse sotto il pro­filo della sicu­rezza e che si inter­ve­nisse con mag­giore effi­ca­cia sugli sca­fi­sti. Di tutto ciò non resta più nulla. Tri­ton, infatti, dev’essere con­si­de­rata nient’altro che un’operazione di sor­ve­glianza delle fron­tiere di Schen­gen, che non con­tem­pla inter­venti di soc­corso in mare, né di assi­stenza uma­ni­ta­ria, e nem­meno di con­trollo sani­ta­rio e di sicurezza.

di Luigi Manconi - In que­sta situa­zione, gli occa­sio­nali inter­venti di sal­va­tag­gio restano affi­dati ai mer­can­tili o alle moto­ve­dette della Guar­dia costiera, rive­la­tisi del tutto ina­de­guati in que­sta cir­co­stanza, e in chissà quante altre prima. Que­sti mezzi, infatti, non dispon­gono a bordo dei dispo­si­tivi medici neces­sari ad assi­cu­rare inter­venti tem­pe­stivi ed effi­caci (quali quelli con­tro l’ipotermia). Di fronte a uno sce­na­rio così deso­lato e fitto di insi­die, è cer­ta­mente giu­sto bat­tersi per una politca euro­pea con­di­visa: ma intanto fac­ciamo la nostra parte. E subito.

Il mini­stro dell’Interno e il mini­stro della Difesa dispon­gano imme­dia­ta­mente che sia rico­sti­tuito almeno quel pre­si­dio della nostra Marina mili­tare (una nave più altre tre di minore stazza), attivo dal primo novem­bre al 31 dicem­bre 2014. Pre­si­dio che — non è una mia ipo­tesi, ma la valu­ta­zione delle mas­sime auto­rità della stessa Marina — avrebbe impe­dito, o almeno signi­fi­ca­ti­va­mente con­te­nuto, quest’ultima tragedia.

Può sem­brare un obiet­tivo minimo e, per molti versi lo è: ma è anche il fat­tore che, per molti pro­fu­ghi, può segnare la dif­fe­renza tra la vita e la morte. Poi si prov­veda a tutto il resto: un’impresa enorme, con­si­de­rati gli attuali rap­porti di forza poli­tici, ma che non può essere ulte­rior­mente differita.