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Costruire un’umanità comune

di BERNIE SANDERS
25/09/2017 - 18:54

Permettete che cominci ringraziando il College di Westminster, che ogni anno invita dei leader politici per discutere l’importante argomento della politica estera e del ruolo dell’America nel mondo. Sono onorato di essere qui oggi e vi ringrazio tantissimo per l’invito a parlare qui. Uno dei motivi per cui ho l’ho accettato, è che credo fortemente che non soltanto abbiamo bisogno di iniziare un dibattito più vigoroso sulla politica estera, ma abbiamo anche la necessità di ampliare la nostra comprensione di ciò che è la politica estera.

Permettetemi, quindi, di chiarire: la politica estera è direttamente in relazione con la politica militare e ha totalmente a che fare con quasi settemila giovani americani uccisi in Iraq e in Afghanistan e con diecine di migliaia che tornano a casa feriti nel corpo e nello spirito a causa di una guerra che non avremmo mai dovuto cominciare.

Questa è la politica estera. E la politica estera vuol dire centinaia di migliaia di persone in Iraq e in Afghanistan che muoiono nella stessa guerra.

La politica estera riguarda le priorità di bilancio del governo degli Stati Uniti. In un periodo in cui spendiamo già di più per la difesa che le successive 12 nazioni messe insieme, la politica estera riguarda l’autorizzazione di un bilancio per la difesa di circa 700 miliardi, compreso un aumento di 50 miliardi approvato proprio la settimana scorsa.

Nel frattempo, all’ora esatta in cui il Presidente e molti dei colleghi Repubblicani vogliono aumentare notevolmente le spese militari, vogliono eliminare 32 milioni di Americani dalla assicurazione sulla salute che attualmente hanno, perché, presumibilmente, sono preoccupati del deficit di bilancio. Mentre stanno aumentando di molto le spese militari, vogliono anche tagliare le spese per l’istruzione, la protezione ambientale e per le necessità dei bambini e degli anziani.

La politica estera è, perciò, ricordare ciò che Dwight D. Eisenhower ha detto quando ha lasciato l’incarico: “Nei consigli di governo, dobbiamo guardarci dall’ottenimento di influenza immotivata, sia cercata che non cercata, del complesso militare industriale. Il potenziale per il disastrosa aumento del potere malriposto esiste e persisterà.

Ci ha anche ricordato che: “Ogni arma che viene fabbricata, ogni nave da guerra che viene varata, ogni razzo che viene sparato, significa, in ultima istanza, un furto a coloro che hanno fame e che non vengono sfamati, a coloro che hanno freddo e che non vengono vestiti. Questo mondo in armi non spende denaro soltanto. Spende il sudore dei lavoratori, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi bambini. Il costo di un moderno bombardiere pesante è questo: una moderna scuola costruita di mattoni in 30 città. Sono due centrali elettriche, ognuna delle quali serve una città di 60.000 abitanti. Sono due ospedali forniti di tutto. Sono circa 50 miglia di autostrada di cemento…”

Quello che Eisenhower ha detto 50 anni fa, è anche più vero oggi.

La politica estera significa se continuiamo a sostenere i valori di libertà, democrazia e giustizia, valori che sono stati un raggio di speranza per le persone in tutto il mondo oppure se appoggiamo regimi non democratici, repressivi che torturano, imprigionano e negano i diritti fondamentali ai loro cittadini.

Quello che significa anche la politica estera, è che se presenteremo le virtù della democrazia e della giustizia all’estero, e se saremo presi sul serio, è necessario che mettiamo in pratica questi valori qui in patria. Questo significa continuare la lotta per porre fine al razzismo, al sessismo, alla xenofobia e all’omofobia qui negli Stati Uniti e a chiarire che quando le persone in America dimostrano sulle nostre strade come neo-nazisti o suprematisti bianchi, non abbiamo alcuna ambiguità nel condannare ogni cosa per cui si battono. Non ci sono due lati di quel problema.

La politica estera non è soltanto collegata con le faccende militari, è direttamente connessa all’economia. La politica estera deve tenere conto il vergognoso reddito e la disparità di ricchezza che esistono globalmente e nel nostro paese. Questo pianeta non sarà sicuro o in pace fino a quando così poche persone hanno così tanto e così tante hanno così poco e quando avanziamo giorno dopo giorno verso una forma oligarchica di società dove un piccolo numero di interessi speciali straordinariamente potenti esercitano un’enorme influenza sulla vita economica e politica del mondo.

Non c’è nessuna giustificazione morale o economica per le sei persone più ricche del mondo che possiedono tanta ricchezza quanto la metà inferiore della popolazione mondiale – 3,7 miliardi di persone. Non c’è giustificazione per l’incredibile potere e dominio che Wall Street, le gigantesche aziende multinazionali e le istituzioni finanziarie internazionali hanno sugli affari degli stati sovrani in tutto il mondo.

In un periodo in cui il cambiamento del clima sta causando problemi devastanti in America e in tutto il mondo, la politica estera significa se lavoriamo con la comunità internazionale – con la Cina, la Russia, l’India e i paesi di tutto il mondo – per trasformare i nostri sistemi energetici dai combustibili fossili e all’energia sostenibile. Una politica estera sensata comprende che cambiamento del clima è una minaccia reale per ogni paese della terra, che non è una bufala e che nessun paese da solo può combatterla efficacemente. E’ un problema per l’intera comunità internazionale e un problema che gli Stati Uniti dovrebbero fare da guida, non ignorare o negare.

Secondo me abbiamo bisogno di considerare la politica estera non soltanto come la crisi del giorno. Questo è importante, ma ci serve una visione più ampia.

Quasi 70 anni fa, l’ex Primo Ministro britannico Winston Churchill era in piedi su questo palco e ha tenuto lo storico discorso della “Cortina di Ferro” in cui inserì una concezione degli affari del mondo che è durata in tutto il 20° secolo, fino al crollo dell’Unione Sovietica. In quel discorso, ha definito il suo concetto strategico: “nulla di meno che la sicurezza e il benessere, la libertà e il progresso di tutte le case e le famiglie di tutti gli uomini e le donne in tutte le terre.”

“Per dare sicurezza a queste innumerevoli case,” ha detto, “esse devono essere protette dai due giganteschi predatori: la guerra e la tirannia.”

Come affrontiamo oggi questa sfida? In che modo combattiamo per la “libertà” e il “progresso” di cui Churchill parlava nel 1946? In un periodo di tecnologia e di ricchezza che esplodono, come passiamo da un mondo di guerra, di terrorismo e massicci livelli di povertà in un mondo di pace e di sicurezza economica per tutti? Come avanziamo verso una comunità globale in cui le persone hanno le occupazioni decenti, il cibo, l’acqua pulita, l’istruzione, l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno? In effetti questi non sono problemi facili da trattare, ma sono domande che non possiamo permetterci di ignorare.

All’inizio, penso che sia importante ammettere che il mondo di oggi è molto, molto diverso da quelli di Winston Churchill del 1946. Allora avevamo di fronte una superpotenza avversaria con un’enorme esercito permanente, con un arsenale di armi nucleari, con alleati in tutto il mondo e con mire espansionistiche. Oggi l’Unione Sovietica non esiste più.

Oggi affrontiamo minacce di un tipo diverso. Non dimenticheremo mai l’11 Settembre. Siamo al corrente dei terribili attacchi che hanno avuto luogo in capitali di tutto il mondo. Siamo più che consapevoli della brutalità di ISIS, al-Qaida e di gruppi analoghi.

Ora ci troviamo davanti alla minaccia di questi gruppi che ottengono armi di distruzione di massa; impedire questo deve essere una priorità.

In anni recenti ci troviamo sempre di più di fronte alla dittatura isolata della Corea del Nord che sta facendo rapidi progressi riguardo agli armamenti nucleari e ai missili balistici intercontinentali.

Sì, affrontiamo minacce reali e molto gravi per la nostra sicurezza, delle quali discuterò, ma sono molto diverse da quelle che abbiamo visto in passato e la nostra reazione deve essere ugualmente diversa.

Prima di parlare di alcune di queste altre minacce, lasciate che dica alcune parole su una sfida molto insidiosa che mina la nostra capacità di affrontare queste altre crisi, e che potrebbe davvero minare proprio il nostro modo di vivere.

Una grande preoccupazione che ho oggi è che molti nel nostro paese stanno perdendo la fede nel nostro comune futuro e nei nostri valori democratici.

Fin troppe delle nostre persone, qui negli Stati Uniti e per la gente di tutto il mondo, le promesse di auto-governo dal popolo, per il popolo e del popolo, non sono state mantenute. E la gente sta perdendo la fiducia.

Negli Stati Uniti e in altri paesi una maggioranza di persone lavorano per più ore e per salari più bassi di quanto erano soliti fare. Vedono la classe dei ricchi che si compra le elezioni, e vedono un’elite politica ed economica che diventa più ricca, anche se il futuro dei loro figli diventa più difficile.

E quindi, quando parliamo di politica estera e della nostra fede nella democrazia, proprio in cima alla nostra lista di preoccupazioni c’è la necessità di rivitalizzare la democrazia americana per assicurare che le decisioni governative riflettano gli interessi di una maggioranza della nostra gente e non soltanto dei pochi – indipendentemente che questi siano Wall Street, il complesso militare-industriale o l’industria dei combustibili fossili. Non possiamo promuovere la democrazia all’estero in maniera convincente se non la viviamo fortemente qui in patria.

Forse perché sono del piccolo stato del Vermont, uno stato che è orgoglioso dei suoi consigli cittadini e sulla democrazia di base, sono fortemente d’accordo con Winston Churchill quando dichiarò la sua convinzione che “la democrazia è la peggiore forma di governo, al di fuori di tutte le altre forme.”

Sia in Europa che negli Stati Uniti l’ordine internazionale che il nostro paese ha contribuito a istituire negli scorsi 70 anni, un ordine che ha dato grande enfasi alla democrazia e ai diritti umani e che ha incentivato un maggior sviluppo commerciale ed economico, sta subendo un grosso stress. Molti europei stanno mettendo in dubbio il valore dell’Unione Europea. Molti Americani stanno mettendo in dubbio il valore delle Nazioni Unite, dell’alleanza transatlantica e di molte organizzazioni multilaterali.

Vediamo anche un aumento dell’autoritarismo e dell’estremismo di destra – sia interno che straniero – che indebolisce ulteriormente questo ordine sfruttando ed amplificando risentimenti, alimentando l’intolleranza e fomentando gli odi etnici e razziali tre coloro che, nelle nostre società, stanno lottando.

Abbiamo visto questo tentativo anti-democratico aver luogo nelle elezioni del 2016, proprio qui negli Stati Uniti, dove ora sappiamo che il governo russo era impegnato in uno sforzo massiccio per indebolire una delle nostre forze più grandi: l’integrità delle nostre elezioni, e la nostra fede nella nostra democrazia.

A proposito, ho trovato incredibile che quando il Presidente degli Stati Uniti lunedì ha parlato alle Nazioni Unite, non ha neanche citato quella indecenza.

Ebbene, io ne parlerò. Oggi dico al Signor Putin: non le permetteremo di minare la democrazia americana o le democrazie in tutto il mondo. Infatti il nostro obiettivo non è di rafforzare la democrazia americana, ma di operare in solidarietà con i sostenitori della democrazia in tutto il globo, compresa la Russia. Nella lotta delle democrazia contro l’autoritarismo, noi abbiamo intenzione di vincere.

Quando parliamo di politica estera, è chiaro che ci sono alcuni che credono che gli Stati Uniti sarebbero meglio tutelati ritirandosi dalla comunità globale. Non sono d’accordo. In quanto nazione più ricca e più potente della terra, dobbiamo aiutare a condurre la lotta per difendere ed espandere un ordine internazionale basato su regole in cui la legge, e non il potere, fa la cosa giusta.

Dobbiamo offrire alla gente la visione che un giorno, forse non durante la nostra esistenza, ma un giorno nel futuro, gli esseri umani di questo pianeta vivranno in un mondo in cui i conflitti internazionali saranno risolti pacificamente, non con omicidi di massa.

Che cosa tragica è che oggi, mentre centinaia di milioni di persone vivono in una povertà terribile, i mercanti di armi del mondo diventano sempre più ricchi dato che i governo spendono trilioni di dollari per le armi di distruzione.

Non sono ingenuo o incurante della storia. Molti dei conflitti che infestano il nostro mondo, sono di lunga data e complessi. Non dobbiamo, però, mai perdere la nostra visione di un mondo in cui, per citare il Profeta Isaia, “essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra.”

Una delle più importanti organizzazioni che promuovono una visione di un mondo diverso, sono le Nazioni Unite, la ex First Lady Eleanor Roosevelt, che aveva contribuito a creare l’ONU, la chiamava “la nostra più grande speranza per la pace futura. Da soli non possiamo mantenere la pace del mondo, ma collaborando con gli altri dobbiamo ottenere questa sicurezza così tanto attesa.”

E’ diventato di moda “stroncare” l’Unione Europea. Certo, l’Unione Europea deve essere riformata. Può essere inefficace, burocratica, troppo lenta o riluttante ad agire, anche davanti ad atrocità di massa, come vediamo proprio adesso in Siria. Vedere, però, soltanto le sue debolezze vuol dire non notare il lavoro enormemente importante che l’Unione Europea fa nel promuovere la salute globale, nell’aiutare i rifugiati, nel monitorare le elezioni e nel fare missioni internazionali di mantenimento della pace, oltra ad altre cose. Tutte queste attività contribuiscono a una riduzione dei conflitti, a guerre cui non si deve porre fine perché non cominciano mai.

Alla fin fine, è ovvio che ha molto più senso creare un forum in cui i paesi possono discutere dei problemi che li preoccupano, trovare compromessi e accordi. Il dialogo e il dibattito sono di gran lunga preferibili alle bombe, al veleno, al gas e alla guerra.

Il dialogo non può, tuttavia svolgersi alle Nazioni Unite tra i ministri degli esteri o i diplomatici. Dovrebbe aver luogo tra tutte le persone del mondo a livello di base.

Negli anni ’80 sono stato sindaco della città di Burlington, nel Vermont, quando l’Unione Sovietica era il nostro nemico. Stabilimmo un programma con la città gemella russa di Yaroslavl, che esiste ancora oggi. Non mi dimenticherò mai di aver visto i ragazzi e le ragazze russe in visita nel Vermont che si incontravano con i ragazzi americani e diventavano loro buoni amici. L’odio e le guerre sono spesso basate su paure e sull’ignoranza. Il modo di sconfiggere questa ignoranza e di diminuire questa paura è attraverso l’incontro con altri e la comprensione del modo in cui vedono il mondo. Una buona politica estera significa costruire rapporti tra le persone.

Dovremmo accogliere giovani di tutto il mondo e di tutte le estrazioni sociali e far loro passate del tempo con i nostri ragazzi nelle aule americane, mentre i nostri studenti, di tutti i livelli di reddito, fanno la stessa cosa all’estero.

Alcuni a Washington continuano a sostenere che la “egemonia globale benevola” dovrebbe essere l’obiettivo della nostra politica estera, e che gli Stati Uniti, grazie al loro straordinario potere militare, dovrebbero stare a cavalcioni sul mondo e rimodellarlo a loro piacere. Sosterrei che gli eventi dei due decenni scorsi – in particolare la disastrosa guerra in Iraq con l’instabilità e la distruzione che ha portato alla regione – hanno completamente screditato quella visione.

L’obiettivo non è che gli Stati Uniti dominino il mondo, né, d’altra parte, il nostro scopo è di ritirarci dalla comunità internazionale e di sottrarci alle nostre responsabilità in nome dello slogan “L’America prima di tutto.” Il nostro obiettivo dovrebbe essere l’impegno globale basato sul partenariato invece che su dominio. Questo è meglio per la nostra sicurezza, meglio per la stabilità globale, e meglio per facilitare la collaborazione internazionale necessaria a rispondere a sfide condivise.

Ecco una verità di cui non sentite troppo spesso parlare sui giornali, alla televisione, o nelle aule del Congresso, ma è un verità che dobbiamo affrontare. Fin troppo spesso, l’intervento americano e l’uso del potere militare americano ha prodotto conseguenze non volute che hanno causato un danno incalcolabile. Sì, è ragionevolmente facile progettare il rovesciamento di un governo. E’ di gran lunga più difficile, tuttavia, conoscere l’impatto a lungo termine che quella azione avrà.

 

Questa è la prima parte dell'intervento. La seconda verrà pubblicata a breve.

 

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/building-a-common-humanity

Originale: Vox

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0