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Venti di destra: Le Pen vince in Francia, trionfa l'opposizione anti-chavista in Venezuela

Politica
Internazionale 07/12/2015 - 17:46

Il Front National di Marine Le Pen diventa il primo partito di Francia con il 27,9% e vince in sei delle 13 regioni francesi. L'unione della destra che unisce i Repubblicani di Nicolas Sarkozy, MoDem e Udi arriva seconda al 26,8%, mentre isocialisti del presidente Francois Hollande sono terzi con il 23,3%.

E' questo il risultato del primo turno delle elezioni regionali, secondo dati ancora parziali, che segna un'avanzata per il partito di estrema destra nel primo appuntamento elettorale dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi. Ma per sapere chi governerà le regioni bisognerà aspettare il 13 dicembre quando ci sarà il secondo turno: pur di sbarrare il passo al Front National, i socialisti hanno già annunciato il loro ritiro da tre regioni.

"Il risultato del Front National è una rivolta del popolo contro le elites". Marine Le Pen celebra così a Lille il successo del suo partito di estrema destra. E attacca "le manovre dell'apparato" dei partiti tradizionali per frenare l'ascesa dell'Fn. La leader del Front National prende di mira soprattutto i socialisti, che hanno deciso di ritirare i loro candidati dalle tre regioni dove è in testa l'Fn, invitando i propri elettori a convergere sulla destra moderata. "Il Partito Socialista, come la setta del tempio solare, ha deciso un suicidio collettivo. Questo ritiro è forse l'inizio della sparizione pura e semplice del partito socialista", ha detto la leader dell'Fn.

Marine Le Pen ha ottenuto un forte successo personale nella regione del Nord-Pas-de Calais- Picardie dove ha ottenuto il 40,6%, sbaragliando il candidato della destra Xavier Bertrand (25%) e il socialista Pierre de Satignon (18,1%).In Provenza- Alpi-Costa Azzurra, trionfa sua nipote Marion Marechal Le Pen con il 40,6%, mentre il sindaco di Nizza Christian Estrosi per la destra si ferma al 26,5% e il socialista Christophe Castaner è al 16,6%.

Il Front National è primo anche in Alsazia-Champagne-Lorena con Florian Philippot al 36,1%, in Borgogna- Franche Compté con Sophie Montel è al 31,5%, in Linguadoca- Roussillion- Midi-Pirenei con Louis Alliot al 31,8% e nel Centre con Philippe Loiseau al 30,5%.

L'unione della destra si afferma nelle regioni Auvergne-Rhone-Alpes, nella Loira e l'Ile de France. In Normandia è praticamente un testa a testa fra la destra e il Front National, mentre i socialisti sono primi in Aquitania- Limousin-Poitou-Charente, in Bretagna (dove il ministro della Difesa Yves le Drian ottiene il miglior risultato della sinistra con il 34,9%) e in Corsica.

La partita si sposta ora al ballottaggio della settimana prossima con i partiti divisi sull'ipotesi di un "Fronte repubblicano" per fermare l'avanzata dell'estrema destra. I socialisti del presidente Francois Hollande, precipitati ad un umiliante terzo posto, hanno già deciso di ritirare i candidati in tre regioni, chiedendo di fatto agli elettori di votare la destra moderata di Nicolas Sarkozy pur di sconfiggere il Front National.

"Nessuna fusione o ritiro", ha detto invece Sarkozy fin da ieri sera e il partito della destra moderata dei Republicains approva la linea del suo leader. Quasi all'unanimità l'ufficio politico del partito ha deciso che non ci sarà nessun ritiro di candidati o accordo con i socialisti in vista del ballottaggio. Uniche voci discordanti, notano i media francesi, sono stati l'ex primo ministro Jean Pierre Raffarin e l'ex ministro dell'Ecologia Nathalie Kosciusko-Morizet, numero due del partito. L'ex ministro degli Esteri Alain Juppé e l'ex primo ministro François Fillon, che sfideranno Sarkozy alle primarie della destra nel 2016, hanno deciso di allinearsi con l'ex presidente francese.

Sarkozy ha affrontato le elezioni spingendo il suo partito verso destra per battere la concorrenza del Front National. E non intende derogare da questa scelta, stringendo accordi con i socialisti pur di sconfiggere al secondo turno il partito di Marine Le Pen. I due partiti centristi Udi e MoDem, alleati dei Republicains alle regionali, avevano auspicato questa mattina degli accordi anti Front National, così come Raffarin.

Le acque sono agitate anche nel partito socialista, per il quale il voto segna una chiara sconfitta. Né il presidente Hollande, né il primo ministro Manuel Valls hanno commentato il voto. La direzione del partito ha deciso il ritiro nelle tre regioni dove il Front National ha ottenuto i maggiori risultati: Nord-Pas-de Calais- Picardie, Provenza- Alpi-Costa Azzurra e Alsazia-Champagne-Lorena- Ardenne. Ma nella terza regione, il candidato socialista Jean-Pierre Masseret, arrivato terzo con il 16,1%, ha rifiutato di ritirarsi.

 

Trionfo elettorale per l'opposizione anti-chavista alle elezioni parlamentari in Venezuela. Il Mud (Tavolo di Unione Democratica), coalizione di partiti di centrosinistra, ha conquistato almeno 99 dei 167 seggi in palio, mentre il Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv) del presidente Nicolas Maduro ne ha ottenuti solo 46. Il risultato praticamente definitivo (sulla base del 96% dei voti scrutinati), mette fine a 17 anni di egemonia degli chavisti in parlamento.

"Ha vinto la democrazia", ha detto Maduro ammettendo la sconfitta. Ma il successore di Hugo Chavez non ha rinunciato ad accusare gli avversari, con i quali non si è complimentato per il successo alle urne. La vittoria del Mud, ha detto, è frutto della "guerra economica" contro il suo governo" e di una campagna politica "sleale".

La schiacciante vittoria del Tavolo di Unione democratica (Mesa de la Unidad Democratica, Mud) segna la prima sconfitta del movimento socialista dal 1998, l'anno della prima vittoria elettorale di Hugo Chavez. Non solo. Con un'affluenza del 74,35%, la vittoria del Mud sembra anche sancire l'inizio della fine del 'Chavismo' e dell'esperimento socialista in Venezuela.

Dopo la scomparsa di Chavez nel 2013, il successore designato, Nicolas Maduro, ha dissipato in poco tempo il patrimonio di consenso popolare che la rivoluzione bolivariana, il cosiddetto "Socialismo del XXI secolo" fondato da Chavez, aveva saputo conquistare nel Paese. La stretta autoritaria imposta da Maduro all'opposizione, che a tratti ha superato perfino i momenti più bui dell'autoritarismo di Chavez (quest'anno uno dei leader dell'ala radicale del Mud, Leopoldo Lopez, è stato condannato a 13 anni di carcere), non è riuscita a nascondere agli occhi dei venezuelani la realtà del disastro economico e sociale nel quale da anni versa il Venezuela.

Con un'inflazione che viaggia oltre il 200 per cento, la scarsità di generi alimentari, il Pil che si è contratto del 10% rispetto al 2014 e una disoccupazione che per il 2016 è prevista oltre il 18%, anche le classi popolari, principale serbatoio di consensi del chavismo, hanno voltato le spalle a Maduro e al Psuv, il Partito socialista venezuelano. Il crollo del prezzo del petrolio, principale prodotto d'esportazione del Paese e fondamentale fonte di finanziamento per la macchina del consenso populista che ha sostenuto fino ad oggi il chavismo, ha dato la spallata finale al regime.

Maduro ha ammesso la sconfitta e affermato di "accettare" il verdetto del popolo, pur non rinunciando alla consueta retorica. "La contro-rivoluzione ha trionfato", ha detto, puntando il dito contro la "guerra economica" che a suo giudizio era stata scatenata dall'opposizione. Nel suo discorso, il presidente ha citato il famoso slogan di Che Guevara, "Hasta la victoria siempre". Ma più che un auspicio per future rivincite, il suo, proprio nel momento storico in cui Cuba si apre agli Stati Uniti e il Paese natale di Guevara, l'Argentina, ha eletto presidente il conservatore Mauricio Macri, è parso un epitaffio per l'esperimento socialista in Venezuela.

Spetta ora al Mud, l'alleanza di una ventina di partiti e movimenti che copre un vasto arco di posizioni politiche, dalla socialdemocrazia al neoliberismo, mettere in campo le ricette necessarie per dimostrare che ''oggi in Venezuela è iniziato il cambiamento", come ha annunciato il segretario generale Jesús Torrealba.

Un altro leader, Henry Ramos, prevede che alla fine i seggi per il Mud saranno 113 (su 167) e che Maduro non arriverà a concludere il suo mandato nel 2019. La coabitazione non sembra possibile e il presidente, anticipa Ramos, verrà rimosso con "strumenti costituzionali", come un referendum, una modifica alla Costituzione o, semplicemente, una dura opposizione parlamentare che lo spinga alle dimissioni.