Come succede nelle favole, a Spoleto il lupo ha provato a farsi agnello, forse confidando nell’assonanza col proprio cognome: il presidente della Voluntas avrebbe tuttavia dovuto sapere che di solito il predatore fa una brutta fine. Nelle favole, ma -ora lo sa a sue spese- anche nella realtà. Il goffo tentativo di passare per vittima (“i dirigenti del Città di Castello ci hanno minacciato”), quando viceversa era stato lui stesso protagonista di un’aggressione verbale –non sfociata in quella fisica grazie ad alcuni volonterosi che a stento l’hanno trattenuto: volonterosi, o più illuminati?...- verso gli ospiti, che evidentemente da quelle parti non sono sacri, è miseramente abortito alla… prova del mercoledì! Sì, quella della pronuncia del Giudice sportivo, evidentemente bene ed esattamente rendicontato dai giudici di gara, i quali hanno assistito (immaginiamo non poco sconcertati) alla miseranda sceneggiata. Le roboanti dichiarazioni del numero uno spoletino, raccolte da organi d’informazione locale ai limiti della colpevole connivenza, i tifernati le hanno ignorate scegliendo di non replicare, al tempo stesso confidando che la verità e la giustizia avrebbero trionfato appena tre giorni dopo: cosa che puntualmente è avvenuta. Dispiace solo di esser passati, in maniera del tutto gratuita, all’occhio dell’opinione pubblica per 72 ore come i cattivi di turno, aggressori piuttosto che aggrediti. Ma non abbiamo dubbi che, adesso, le testate giornalistiche che hanno fatto da cassa di risonanza ai vaneggiamenti presidenziali, si precipiteranno a riabilitare la vera vittima di tutta questa triste vicenda: il Città di Castello e la sua reputazione, se non si fosse ben compreso… Un’ultima cosa: nella nostra brevissima nota di lunedì abbiamo parlato della città del Festival come luogo di arte, cultura ed educazione. Lo ribadiamo ancor più convinti, nel valutare come il massimo esponente societario sia, in fondo, soltanto uno spoletino di fresca, freschissima acquisizione…